Pagina:Storia delle arti del disegno II.djvu/45

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presso i Greci, e loro Pittura. 39

ti non ad altro devesi che alla grossezza delle foglie, la quale è tuttora visibile nel cavallo di M. Aurelio.

[Talora fu pur indorato il marmo.] §. 13. Gli antichi adoperavano la chiara dell’uovo per indorare il marmo1; ma oggidì i nostri artefici si servono dell’aglio con cui lo strofinano, e poi vi stendon sopra una leggiera mano di gesso, fu cui applicano le foglie d’oro. Altri in vece d’aglio usano il latte di fico, cioè quel suco che esce dal picciuolo del fico, quando spiccasi immaturo ancora, e che è sommamente penetrante e caustico. In alcune statue scorgonsi tuttora indizj d’indoratura nei capelli e nel panneggiamento, come vedeansi nella bella Pallade di Portici quando fu scoperta; anzi si trovano delle teste intere indorate, qual è, fra le altre, una testa d’Apollo nel museo Capitolino. Quarant’anni fa fi trovò la parte inferiore d’una testa, che sembrava un Laocoonte, la qual era indorata; ma l’oro, in vece d’esser dato sul gesso, eravi stato applicato immediatamente sul marmo.

[Commettevansi gli occhi alle figure.] §. 14. Al meccanismo della scultura appartengono gli occhi incastrati, quali trovansi in molte teste sì di marmo che di bronzo. Né parlo io già di quegli occhi argentei incassati in testa alle figurine di bronzo, delle quali parecchie sen veggono nel museo d’Ercolano, né delle gemme incastrate entro la pupilla d’alcune grandi teste di bronzo per imitare il colore dell’iride, quali vedeansi nella Pallade d’avorio lavorata da Fidia2, e in altra Pallade collocata nel tempio di Vulcano in Atene, la quale avea perciò gli occhi cilestri,


γλαυ-


    parole, che ho riportate sopra pag. 37. nota b., e con quelle di Vitruvio ivi pur riferite, stabilisce, che gli antichi indorassero anche nella maniera dei moderni accennata pocanzi.

  1. Plinio lib. 33. cap. 3. sect. 20.
  2. Plat. Hypp. maj. op. Tom. I. p. 290. C. [ Winkelmann nel Tratt. prelim. ai Monum. ant. ined. par. iI. capo IV. pag. LV. a questo stesso proposito ha scritto per equivoco Giove olimpico di Fidia, in vece della Pallade fatta dallo stesso artista, come qui dice bene; e il signor Falconet, che pur dice di aver rincontrato Platone al luogo citato, poteva capire l’equivoco, e non farne argomento di una forte critica all’Autore, come fa nella sua diceria Sur deux ouvrages de Phidias, Œuvr. Tom, V. pag. 95.