Pagina:Storia delle arti del disegno II.djvu/79

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presso i Greci, e loro Pittura. 73

sari, non potè a meno di non contraerne un certo avvilimento. Quindi si vide spogliata della sua pristina dignità, e con quella si perde quell’antica maestria, di cui non trovavansi più nemmeno i vestigi ai tempi di Petronio1.

§. 28. Nella decadenza della pittura molta parte pur ebbe quella nuova maniera introdotta da Ludio sotto Augusto di ornare le camere con paesi, boschi, vedute marittime, e con altre siffatte cose insignificanti2: del che lagnasi Vitruvio, osservando. che dianzi le pareti ornavansi di pitture istruttive rappresentanti la mitologia o la storia eroica; ond’eroica chiamarsi potea la pittura di que’ tempi3. Dell’arte di dipingere presso i Romani parlerò nuovamente al Capo IV. del Libro seguente.



  1. Satyr. pag. 321.
  2. Plin. loc. cit.
  3. Benché sieno stati assai fecondi d’idee i greci pittori, nessuno però, per quanto si può raccogliere dalle notizie a noi pervenute, tentò d’allontanarsi da quella massima generalmente adottata di dipingere soltanto oggetti animati: facendo altrimenti avrebbero eglino creduto di degradare la pittura e loro stessi. Qualcuno appena, fra tanti, diedesi a dipingere oggetti ridicoli e comici. Tale fu un certo Pireico, che volle dagli altri distinguersi col rappresentar botteghe d’artieri, asini, cose commestibili, ed altre simili baje, Plin. lib. 35. cap. 10. sect. 37. Tale fu pur Calade, che Plinio ibid. ci dà per un buon pittore, il quale nel dipingere oggetti ridicoli è stato il Calotta de’ suoi tempi. L’istesso Calade ed Antifilo applicaronsi a dipingere eziandio comicas tabellas, come le chiama Plinio suddctto ibid.: e queste, come osserva il sig. di Caylus Reflex, sur quelq, passag. du l. 25. de Pline, iI. part. Acad. des Inscript. Tom. XXV. Mém. pag. 182., erano probabilmente que’ cartelli esposti sulla porta de’ teatri, come si usa anche oggidì in Italia, rappresentanti in diversi piccoli ripartimenti le principali azioni della commedia di quel giorno. Un bel quadro, ma d’ignoto autore, stava similmente esposto nel Foro di Roma, ove l’effigie era espressa d’un uomo gaulese, che la lingua metteva fuori dalla bocca in una strana maniera, Plin. ib. cap. 4. sect. 8. Ai nominati pittori aggiugnersi può anche Pausone, Arist. De republ. lib. 8. c. 5. in fine, di cui parla più sotto il nostro Autore. Alcuni hanno osato estendere la caricatura persino agli dei. Cosi Ctesiloco allievo d’Apelle dipinse Giove che partorisce Bacco, avendolo rappresentato con una mitra muliebre in capo, e contorcentesi come una partoriente tra le levatrici e lo schiamazzo delle dee, Plin. lib. 35. cap. 11. sect. 40. §. 33. Lo stesso pur fece l’artista del vaso etrusco da noi riportato nel Tomo I. pag. 238., ove rappresentansi gli amori del medesimo Giove e di Alcmena. Veggasene la descrizione alla pag. 228.


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