Pagina:Storia delle arti del disegno III.djvu/343

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e perciò crede, che quell’acqua d’allora in poi non sia più mancata in Roma totalmente, fuorchè poco prima di s. Adriano. Quelli pertanto fece ricondurre primieramente la Sabbatina, che secondo il Fabretti1, e il citato Cassio2 è la stessa, che la Trajana, proveniente dalle vicinanze del detto lago Sabbatino, ora di Bracciano, facendo rifare dai fondamenti le cento alte arcate, sulle quali camminava l’acqua per un gran tratto, e molti condotti di piombo, per li quali si diramava sino alla chiesa del Principe degli Apostoli, e in altre parti. Rifece quindi in gran parte l’acquedotto dell’acqua Jobia, la quale per le osservazioni del Cassio3 dovrebbe essere la stessa, che l’acqua Marcia; quello dell’acqua Claudia, che portava al Laterano, e nei dintorni; e quello dell’acqua Vergine da tanti anni demolito, e pieno di rovine, per cui scrive Anastasio, che ritornò tanta copia d’acqua da provvederne quali tutto il paese: d’onde possiamo congetturare, che la parte più bassa di Roma, ove essa scorre, come il Campo Marzo, fosse già molto abitata. Non dice Anastasio, che fosse di nuovo fatto uso di quelle acque per le Terme, ed altri antichi bagni pubblici, e privati: nè io posso crederlo, perchè le fabbriche doveano allora dopo più di due secoli, da che erano siate abbandonate per la mancanza delle acque, essere ridotte in pessimo stato, ed inservibili anche per la mancanza dei tubi di piombo, come appresso diremo. Neppur fa menzione Anastasio di edifizj profani, se non che parlando della chiesa di s. Maria in Cosmedin, scrive4 che per poterla di-


lata-
  1. De aq. & aquæd. diss. 1. num. 87. segg.
  2. loc. cit. n. 21. §. 4. 5. pag. 169.
  3. loc. cit. num. 30. pag. 266.
  4. sect. 341. pag. 263.