Pagina:Storia di Milano I.djvu/134

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credevano che il loro fosse un regno distinto, e che non si acquistasse se non colla proclamazione e incoronazione in Italia. Prima che non seguisse la incoronazione, le carte milanesi non facevano menzione alcuna del re. Il re Enrico fu poi imperatore, e fu il secondo che ne assumesse il titolo, e da noi perciò chiamasi Enrico II, sebbene gli oltramontani lo chiamino III. Enrico era lontano; e l’impazienza del carattere facendo sembrare noioso il tempo della tranquillità, disgraziatamente animò i Milanesi ad una guerra civile fra i nobili e la plebe. Questo primo germe di discordia non si estinse mai più, sebbene per intervalli venisse sopito. Tutta la storia seguente ne farà testimonio. L’arcivescovo era alla testa del partito de’ nobili, come quasi sempre lo furono gli altri suoi successori. La cosa è assai naturale, perchè i cardinali erano scelti fra le più nobili famiglie, e l’arcivescovo era trascelto dal loro numero. La plebe era trattata con molta durezza dai nobili. La nazione aveva già preso un’educazione militare, e questa ha per solo rapporto fra un uomo e l’altro il comando e l’obbedienza. Un resto ancora rimaneva di servitù longobarda, per cui un nobile era proprietario di molti uomini. I costumi erano ancora agresti, e spiravano il secolo di ferro. La plebe, che aveva col suo sangue contribuito anch’essa a difendere la patria, non poteva soffrire di vedersi così non curata e depressa cessato che fu il pericolo. La plebe di Roma abbandonò la patria e si ricoverò sul monte Sacro. Convien confessare che quella di Milano trovò uno espediente migliore; poichè invece ella scacciò dalla città l’arcivescovo e tutti i nobili: e ciò avvenne l’anno 1042. Per più di due anni continui si mantennero i plebei ben muniti e difesi in Milano; tentando