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capo quarto 109

libertà, e cautamente portossi a Milano, accolto dalla città con somma allegrezza. Poichè Corrado intese il fatto, si mosse, e alla testa de’ suoi s’accostò a Milano per farne l’assedio, ad oggetto singolarmente di riavere l’Arcivescovo in suo potere; ma i tempi erano assai cambiati. Milano non era più la città spopolata, distrutta e languente; era maxima multitudine munita, come ci attesta Wippo; e i Milanesi gli andarono incontro, e più volte si azzuffarono cogl’Imperiali. Tutti i tentativi dell’Imperatore riuscirono vani; ei potè devastare i campi e le ville, ma dovette abbandonare il pensiero di aver Milano. La collera dell’Imperatore scelse allora un’altra specie di guerra. Pensò egli di deporre l’arcivescovo Ariberto, e nominò Ambrogio prete cardinale della Santa Chiesa Milanese in sua vece, forse credendo che alla città medesima, stanca per avventura della dominazione di Ariberto, piacer dovesse la nuova scelta; ma nessuno de’ cittadini da questa novità fu commosso1. Vedendo riuscir vano il colpo, un altro ne rimaneva da provare, ed era di animare il sommo pontefice contro dell’arcivescovo; e Corrado perciò portossi a Roma, e indusse Benedetto XI a scomunicare Ariberto: ma nemmeno perciò l’arcivescovo cambiò punto pensiero o sistema2, e quindi Corrado il Salico abbandonò l’Italia, e nella Germania poco dopo cessò di vivere nel 1039.

Rimase così quasi sovrano Ariberto alla testa della sua città. Enrico figlio di Corrado era stato già proclamato re di Germania. Ho accennato che dopo l’infeudazione fatta da Ottone in Berengario e Adalberto, i re di Germania credevano che l’Italia fosse una parte della loro corona, e gl’Italiani diversamente

  1. Il Il conte Giulini, tomo III, pag. 327
  2. Detto, tomo III, pag.334