Pagina:Storia di Milano I.djvu/169

Da Wikisource.

sommissione poco spontanea diede motivo allo storico Arnolfo di esclamare: O insensati Mediolanenses! Qui vos fascinavit? Heri clamastis unius sellae primatum: hodie confunditis totius Ecclesiae statum: vere culicem liquantes, et camelum glutientes. Nonne satius vester hoc procuraret episcopus? Forte dicetis: veneranda est Roma in apostolo. Est utique: sed nec spernendum Mediolanum in Ambrosio. Certe certe non absque re scripta sunt haec in Romanis Annalibus. Dicetur enim in posterum subjectum Romae Mediolanum. Così Arnolfo, che viveva in que’ tempi: il di cui passo riferendosi dal conte Giulini, vi aggiugne: Se Arnolfo e gli altri nostri ecclesiastici in que’ tempi credevano che la città milanese non fosse punto soggetta alla romana, vivevano in un grandissimo errore. Egli è ben vero che prima la chiesa romana non esercitava tanto la sua giurisdizione sopra la milanese, quanto l’esercitò dipoi; ma ciò fu utile cosa, anzi necessaria, acciò non nascessero in avvenire i disordini che già eran nati dianzi: onde questa mutazione nella gerarchia ecclesiastica, di cui il citato storico fa tanto romore, non fu se non vantaggiosa alla chiesa ambrosiana, la quale perdette, a dir vero, alcun poco della primiera libertà, ma acquistò un miglior regolamento, e maggiore quiete e felicità. Appena l’arcivescovo Guidone fu dai legati pontificii assoggettato, che dal sommo pontefice Nicolò II venne chiamato a Roma per intervenire ad un sinodo: Ecce metropolitanus vester, prae solito, romanam vocatur ad synodum, dice Arnolfo, continuando