Pagina:Storia di Milano I.djvu/210

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giurisperiti ed ai militari; e dalla disputa l’arcivescovo fu costretto ad entrare nel pubblico arringo, ove Stefano Guandeca, arciprete, lo accusò come eretico, spergiuro, sacrilego e reo d’altri delitti; giurò per convalidare l’accusa, e si esibì a provarla avanti ad alcuni vescovi suffraganei. Comparvero i vescovi, e seco loro comparvero pure molti vestiti in una nuova foggia con rozze lane e col capo raso; e questi, verisimilmente, erano i nuovi monaci di san Bernardo, che il popolo considerava come angeli del cielo. L’arcivescovo, vedendo costoro, rivolto al popolo, si pose a dire che tutti quei che comparivano vestiti con quelle cappe bianche e bigie, erano tutti eretici. Da ciò ne nacque una zuffa, nella quale non fu però vinto l’arcivescovo; ma poi, mediante il denaro sparso dal contrario partito, fu scacciato dalla sua Sede. Quindi abbandonato Anacleto, Milano riconobbe il papa Innocenzo II. L’avvenimento ce lo descrive Landolfo il Giovine colle seguenti parole: Ordinarii itaque, et decumani sacerdotes, et caeteri faventes papae Innocentio Secundo, et insidias perpatrantes hujusmodi archiepiscopo suas pecunias effuderunt, et ipsa legis et morum peritis atque bellatoribus viris tribuerunt. Unde ipse archiepiscopus compulsus est intrare popularem concionem, ut ubi decertaret cum suis excomunicatis de excomunicatione. Cumque ipse expectaret sagittas de justa aut injusta excomunicatione, Nazarius primicerius, mirae callidatis homo, per prolixum sermonem cunctae concioni induxit fastidium. Archipresbyter autem Stephanus, qui cognominatur Guandeca, videns primicerium suum fastidiose fore locutum, vocem suam exaltavit, et contra archiepiscopum sic ait: Hoc quod isti nolunt tibi dicere ego dico: tu es haereticus, perjurus,