Pagina:Storia di Milano I.djvu/377

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Di Matteo I, di Galeazzo I, e d’Azzone Visconti, signori di Milano.

La storia d’un paese repubblicano può paragonarsi ad una vasta pittura che rappresenti un grande ammasso di oggetti variati, sulla quale scorre lo sguardo, incerto talora quali delle figure meritino un’attenzione distinta; alcuni oggetti veggonsi bene illuminati, altri indicati appena in lontananza; e nella memoria non rimane poi se non un tutt’insieme. Laddove la storia d’un paese soggetto ad un principe si rassomiglia ad un quadro storiato, di cui le figure tutte servono al risalto del principale ritratto, che a sè chiama i primi sguardi dello spettatore, nella mente di cui rimangono le tracce distinte della fisionomia rappresentata e della disposizione del quadro. Mutata la forma tumultuosa ed instabile della nostra città; assoggettata questa alla signoria de’ Visconti, i costumi, la felicità, la pace, la guerra, la povertà o la ricchezza diventarono dipendenti dalla buona o cattiva indole del sovrano, sul quale principalmente convien fissare lo sguardo. (1311) I Torriani vennero per sempre scacciati, siccome dissi, dalla città. Matteo Visconti, collo sborso di quarantamila fiorini d’oro, l’anno 1311, nel mese di luglio, ottenne dal re de’ Romani, Enrico di Lucemburgo, un diploma col quale lo creò vicario imperiale nella città e contado di Milano. Diciassette anni prima, Matteo istesso era stato creato vicario imperiale dall’augusto Adolfo, non di Milano soltanto, ma di tutta la Lombardia, con mero