Pagina:Storia di Milano I.djvu/396

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il vigilantissimo cardinale legato, Bertrando del Poggetto; il quale non perdè tempo, e incaricò Emerico, camerlingo di santa Chiesa, che trovavasi in Monza, di trasmettergli quel tesoro, siccome eseguì puntualmente; e indi fu trasportato in Avignone, dove dimorava il papa; d’onde, venti anni dopo, signoreggiando Luchino, venne restituito l’anno 1344. Io lascerò al chiarissimo signor canonico teologo don Antonio Francesco Frisi la cura di verificare se la restituzione siasi fatta senza alcuna perdita. Il valore dell’oro e delle gemme che oggidì ivi si mostrano, non giunge fors’anco a duemila fiorini d’oro. Egli, che con varie dissertazioni ha illustrate le antichità di Monza, ci renderà istrutti esattamente anche di ciò, nella dissertazione che si è proposto di pubblicare sul tesoro di quella chiesa.

Poichè Galeazzo ebbe Monza in suo potere, e si vide liberato dalla Crociata, pensò tosto a rendere quel luogo munito in avvenire contro simili accidenti. Importava molto il non avere alla distanza di sole dieci miglia da Milano un borgo facilmente prendibile, e nel quale i nemici, con molto numero d’armati, potessero sostenersi per alcuni mesi, siccome poco anzi era accaduto. (1325) Per tal motivo Galeazzo I, l’anno 1325, fabbricò un castello in Monza, di cui vedesi ancora oggidì la torre rovinosa. Il modo col quale fece quel principe fabbricare quella torre ci prova sempre più quanto poco ei rassomigliasse al buon Matteo suo padre. Veggonsi anche al dì d’oggi le prigioni orrende, destinate a far soffrire l’umanità, calandovi gli uomini come entro un sepolcro per un buco della volta, ove discesi posavano sopra d’un pavimento convesso e scabroso, tanto vicino alla vôlta da non potervisi reggere in piedi. Così egli aveva