Pagina:Storia di Milano I.djvu/471

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ovvero che Barnabò non aveva il talento di comandare la gente d’onore e sensibile alla gloria, la quale si aliena anzi, trattata colle minacce e con viltà. Sempre in quella spedizione Barnabò fu battuto.

Se riguardiamo adunque Barnabò Visconti come principe e signore potente, dobbiamo confessare che egli non meritò stima alcuna; poichè la porzione sulla quale ei regnò venne diminuita colla perdita di Bologna, delle terre del Bolognese, della Romagna e del Modanese, ch’egli aveva ereditate dall’arcivescovo Giovanni. Egli con puerili e feroci insulti animò i suoi nemici, e non ebbe forze abbastanza per difendersi. Osserviamolo come legislatore del suo popolo e conservatore della felicità pubblica. Egli lasciò che la pestilenza desolasse Milano nel 1361; quella pestilenza alla quale ho attribuita la partenza del Petrarca; se pure anche l’indole del governo non isforzò del pari quell’uomo illuminato a tal partito. Quella sciagura distrusse più di settantamila abitatori di Milano, e fece nelle terre ancora strage molto maggiore. Dopo sì gran flagello, mentre Barnabò stava alla guerra nel Modanese, alcune compagnie d’uomini facinorosi devastavano la città, tormentata dalle violenze, dalle rapine e da ogni genere di dissolutezza. Ritornato Barnabò, per rimediare a simil disordine, pubblicò un editto in cui proibì che alcuno in Milano non potesse andar di notte per le strade, sotto pena del taglio d’un piede. Tanto ci attesta l’Azario, che allora viveva. Un ammalato, di notte non poteva più avere soccorso in virtù di tal legge feroce. Barnabò lasciò soffrire ai suoi popoli la carestia negli anni 1364 e 1365, senza