Pagina:Storia di Milano I.djvu/473

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e la magiore parte de quelli distribuiva ala custodia de li cittadini et anche a contadini, li quali niuno altro cane che quegli puotevano tenere. Questi due volte il mese erano tenuti a fare la mostra, onde trovandoli macri, in grande summa de pecunia erano condemnati, e se grassi erano, incolpandoli dil troppo, similmente erano mulctati, se morivano gli pigliava il tutto; e li officiali o caneteri più che pretori de le terre erano temuti. Pietro Azario, che vivea in quei tempi, ci lasciò scritto che certo Antoniolo da Orta, ufficiale in Bergamo, venne accusato presso di Barnabò di avere esatte delle propine arbitrarie nello spedire certe licenze. L’accusatore era un solo, e Barnabò sine alia determinatione et defensione praecedente, jussit unum suum domicellum cum litteris suis de praesenti ire, dirigendis Potestati Pergami, ut, visis praesentibus, dictum Antoniolum per gulam laqueo faceret suspendi sub poena suspensionis ipsius potestatis. Qui Potestas, licet invite, dictum Antoniolum in palatio Pergami, nullo alio expectato nisi quod cum sacerdote confiteretur, suspendi fecit. Se prestiamo fede agli Annali Milanesi, Barnabò con un editto proibì che alcuno più non ardisse di chiamarsi Guelfo o Gibellino, sotto pena del taglio della lingua, e furono tagliate le lingue ad alcuni contravventori. Fece bruciar vivi tre uomini ragguardevoli, imputati di tradimento. Fece bruciare due monache del Bocchetto. Due altre monache di Orona miseramente ebbero sorte uguale. Fece crudelmente torturare Tommaso Brivio, vicario generale dell’arcivescovo, perchè aveva ricusato di degradare quelle infelici. Fece bruciare il prete