Pagina:Storia di Milano II.djvu/106

Da Wikisource.

pregi delle ballerine, annovera il mover lenti lenti i piedi. Ecco il sonetto:

Io vidi belle, adorne e gentil dame

Al suon di soavissimi concenti

Co’ loro amanti mover lenti lenti

I piedi snelli, accese in dolci brame.

E vidi mormorar sotto velame

Alcun degli amorosi suoi tormenti,

Dividersi, e tornare al suono intenti,

E cibar d’occhi l’avida sua fame;

Vidi stinger le mani, e lasciar l’orme

Dolcemente stampate in lor non poco,

E trovarsi in due cor desio conforme.

Nè mirar posso così lieto giuoco,

Ch’a pensier lieto alcun possa disporme

Senza colei che notte e giorno invoco.

D’un altro genere, men elevato sì, ma pregevole per la facilità, è il sonetto seguente ch’ei scrisse a messer Antoniotto Fregoso, da cui veniva avvisato che una indiscreta vecchia non cessava d’infamarlo. Così rispose:

Omai, Fregoso, io son come il cavallo

Che porta il tuon delle pannonie schiere,

O come quel qual usa il schioppettere,

Che al bombo del schioppetto ho fatto il callo

Riprenda pur la plebe ogni mio fallo,

Che tanto fa il suo dir quanto il tacere,

Qual son l’opere mie, quale il volere,

Chi il vero intende, apertamente sallo.

Che diavol sarà poi con questa femmina,

La qual non altra cosa che zizania

Nel steril orto del rio volgo semina!

Sola sè stessa infin, non altri lania;

E quanto più suo pazzo error s’ingemina,

Tanto a chi sa, dimostra più sua insania.