Pagina:Storia di Milano II.djvu/219

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alle lusinghe; e minacciavano di abbandonarlo e ritirarsi alle loro case. Il signor di Brantome, nella vita di Lautrec, ricorda il fatto dell’illustre cavaliere Bayard a Pamplona, dove essendosi ammutinati gli Svizzeri che erano sotto i suoi ordini, egli, colla sua gendarmeria, benchè non numerosa, seppe reprimerli. Lautrec in vece, secondandoli, volle tentare una giornata: la tentò il 27 di aprile 1522, venne battuto e rispinto e perdette il Milanese. Brantome lo condanna per non aver preso almeno il partito di starsene sulla difesa, aspettando nuovi soccorsi. A me sembra che il Lautrec abbia operato senza prudenza; s’ei vinceva, avevano i collegati quattro miglia distante una città amica dove ricoverarsi; se perdeva, era tosto abbandonato dagli Svizzeri; i Veneziani freddamente l’avrebbero secondato, ei rimaneva con un drappello di Francesi appena bastante per ricondurlo nella sua patria. Come andasse quell’affare ce lo dicono minutamente più autori. Francesco Sforza era in Milano. Avvisato che i Francesi si movevano verso de’ collegati, fece dar campana a martello in Milano, dove, e per odio verso de’ Francesi, e per amore verso del duca, al momento uscirono quanti cittadini potevano armarsi per combattere; e seimila se ne contarono: Jussis igitur Sfortia popularibus omnibus arma sumere, peditum armatorum sex millia, et item quadringentos equites educit: cum his ad Bicocham in via, quae ducit Modoetiam, consistit. Ed il Grumello dice: mai fu visto tanto populo correr alle arme, et il frate predicator di Santo Marco con il crocefisso in mane facendo animo a Milanexi volessero combatter, che era