Pagina:Storia di Milano II.djvu/244

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marcia de’ Francesi attraverso lo Stato pontificio, il transito delle munizioni fatto per Piacenza e Parma, possedute dal papa, svelarono tosto agl’Imperiali che il papa s’era unito col re; sebbene non apertamente si fosse dichiarato di essere lui nimico dell’imperatore Carlo V. Pensò il re di rinforzare la sua armata, ordinando che i suoi Francesi acquartierati in Savona marciassero a Pavia, senza avvertire che dovendo coteste milizie passare ne’ contorni di Alessandria, presidiata da’ Cesariani, non erano sicure nella loro marcia. In fatti Gaspare del Maino, comandante di quel presidio, fece prigioniere tutto quel corpo. Frattanto al Lannoy giunsero dodicimila Lanschinetti tedeschi, e quindi si trovò alla testa di diciottomila fanti, settecento uomini d’armi ed altretanti cavalleggieri. I dodicimila Tedeschi erano comandati da Giorgio di Frandsperg, uomo di statura colossale, di forza prodigiosa, di gran coraggio, Luterano passionato; il quale venne a quell’impresa coll’idea di far onta al papa, ed a tal fine portava seco un cordone d’oro in forma di capestro, e lo mostrava dicendo: a ogni signore ogni onore. Così mentre da malaccorto il re Francesco, coll’indebolirsi, andava preparando la propria sciagura, i nemici si rinforzavano. Al difetto di prudenza nel re si aggiungevano la trascuratezza dei capi dell’esercito, e l’indisciplina de’ soldati. Bernardo Tasso, padre dell’immortale Torquato, si ritrovava nell’armata del re di Francia, mentre era sotto Pavia, ed in una lettera al conte Guido Rangone, così gli scrive: Questo esercito mi pare con poco governo, con molta licentia, et più grande di numero che di virtù. Poca speranza gli è rimasa di poter pigliare la città, hora che i nemici si vanno avvicinando869;