Pagina:Storia di torino v1 cibrario 1846.djvu/56

Da Wikisource.
48 libro primo

monumento che quel palagio, ridotto sgraziatamente a prigione, e chiamato le Torri, che era una volta porta della città. Ma i marmi avanzati alle tante ingiurie del tempo e di fortuna ci favellano ancora altamente delle sue glorie passate. Torino era ag­gregata alla xxii tribù del popolo Romano, la Stellatina. Il padre degli Dei era detto custode della città, Ivupiter Cvstos Avgustæ Tavinorum.8 Ivi aveano altari e riti Venere Ericina, chiamata madre dei Cesari, Pallade Attica, Mercurio, che i Romani appellavano con frase energica lucrorum potens, e la menfitica Iside co’ suoi temuti arcani.9 E sull’Alpi Taurine, chiamate poi Cozie e Graie, erano invocati come Dei tutelari Apolline chiamato anche Beleno, Ercole e le Dee matrone, le quali ultime davano anzi il nome al Monginevra.10 Erano a Torino il teatro, il circo, archi di trionfo, trofei militari.

Ed uno appunto di questi trofei, di cui riman­gono molli avanzi, era innalzato presso la porta Pa­latina ad onorare un illustre Torinese, Quinto Glizio Attilio Agricola, che si segnalò non meno nella guerra contro ai Daci per la sua virtù militare, che per la civil prudenza negli eminenti ufficii che so­stenne.11 Caro agl’imperadori Vespasiano, Nerva, Traiano, furono degno premio del suo valore la corona murale destinata a chi primo saliva sulle mura nemiche; la vallare riservata a chi sapea di­ fendere i proprii trincieramenli; la classica o navale