Pagina:Storia di torino v1 cibrario 1846.djvu/57

Da Wikisource.

capo quinto 49

per le egregie imprese di mare; l’aurea, simbolo della vittoria ottenuta in battaglia campale; quattro aste pure12 e quattro vessilli, armi ed insegne d’onore, ricompensa di altrettante prove di singolar prodezza.

Glizio fu prefetto di Roma, edile curule, que­store, pretore. Governò a’ tempi di Vespasiano la Spagna, sotto Nerva il Belgio, sotto Traiano la Pannonia che comprendeva le odierne Boemia, Ungheria e parte dell’Austria, e confinava appunto colla Dacia (Valachia, Servia e Bulgaria). Infine Glizio salì due volte al supremo onore del consolato, e vi pervenne la seconda volta l’anno 104 dell’era volgare.13

Ma prima di Glizio, e ne’ tempi appunto in cui s’operava il gran mistero di nostra redenzione, facea chiaro il nome Torinese un altro virtuoso guerriero, Gaio Gavio Silvano, figliuol di Lucio, il quale nella, breve e gloriosa guerra Britannica combattuta da Claudio l’anno 43 dell’era nostra, fece così belle prove da meritarsi da quell’imperatore il dono di collane, armille (braccialetti), falere (medaglie che si portavano pendenti sul petto), e la corona d’oro. Pe’ suoi egregi fatti la colonia Giulia Augusta de’ Taurini lo elesse a suo patrono e gli alzò un monu­mento.14

Frattanto questa parte d’Italia vieppiù s’ingenti­liva, e sotto l’alito potente della civiltà Etrusco-Romana i popoli assicurali nelle famiglie, nella