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capo settimo 67

lui del riscatto degli schiavi che avea fatti in Italia. Udì con letizia il pio vescovo quell’umanissima in­tenzione, e condiscendendo volonteroso alla pro­posta « Pregoti solamente, soggiunse, che tu voglia per concessione della tua clemenza darmi compagno nel viaggio e nella legazione Vittore, vescovo della città de’ Taurini, in cui si vede ad evidenza il com­pendio di tutte le virtù; poiché adoperando siffatto compagno, del Signor nostro con più fiducia confido, che niuna petizione ne verrà diniegata ». Alla qual domanda, dice Ennodio, l’eminentissimo re condi­scese, ed il tremendo pontefice salutatolo se ne partì.

I due santi vescovi, Epifanio e Vittore, nulla cu­rando i disagi, valicarono le Alpi nel mese perico­loso di marzo, e andarono a Lione, dove teneva corte il re Gundebaldo. L’alta fama di S. Epifanio e di S. Vittore l’avea già disposto a benignità. L’evan­gelica eloquenza d’Epifanio lo persuase e lo com­ mosse; onde liberò più di seimila schiavi, la maggior parte gratuitamente; con picciol riscatto quei soli ch’erano stati presi coll’armi alla mano.4

Con quella pompa più che regale, con sì splen­dido corteggio tornarono i due vescovi alle loro sedi, accolti con lagrime di gioia, con voci di giubilo, con mille benedizioni da tutti, ed in particolare da chi ricuperava un amico, un fratello, un marito, un padre.

Questi è quel S. Vittore che convertì l’oratorio