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Pagina:Storia di torino v2 cibrario 1846.djvu/252

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248 libro secondo

questa sala una tavola di straordinaria dimensione del cavaliere Giambattista Biscarra, mostra il re Carlo Alberto nell’atto di consegnar il Codice civile ai magistrati del Senato e della Camera. Non v’era forse soggetto più ribelle che questo ai concetti dell’arte; quella quantità di toghe rosse e nere, d’abiti uniformi militari e civili, collocati non secondo il desiderio dell’arte, ma secondo il rigore del cerimoniale, faceva grande ostacolo al comporlo e al dipingerlo bene. Si aggiunga che le figure doveano, per quanto è possibile, esser ritratti, o almeno ricordar le fattezze di chi s’intendea rappresentare. Molte difficolta superò felicemente il Biscarra, il cui gran quadro storico, è offerta generosa del chiaro artista, è un servigio reso alla patria. L’edificio di cui parliamo, d’un aspetto assai maestoso, nobilita, non v’ha dubbio, la capitale. Ma ne scema molto il valore il non esser condotto che a poco più della meta, l’abbracciarsi che fa colle carceri e il travedersi, in mezzo alle colonne ed ai pilastri del suo stupendo vestibolo e dell’ala sottostante al suo spazioso terrazzo, la torre infame della tortura e le camere degli sgherri e le inferriate de’ carcerati e l’andito della cappella dei condannati all’estremo supplizio; chiamato da noi confortatorio e altrove cappella dell’anima.

Continuando la strada che di bel nuovo si fa irregolare ed angusta, vediamo a manca un avanzo di Torino, qual era in gran parte ne’ primi anni del