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26 libro primo

di S. Solutore maggiore de’ monaci Benedettini.9 Piegando quindi all’est, e seguendo il corso delle mura meridionali, dovea vedersi qualche vestigio dell’antico anfiteatro romano, non so se tra la porta Nuova, o di S. Martiniano, e la porta Marmorea, ovvero a sinistra di quest’ultima, e così nel sito dove ora s’apre la bellissima piazza di S. Carlo. A qualche distanza dalla città, un po’ a manca della porta Marmorea, sorgea la chiesa di S. Salvatore di campagna, di cui si ha memoria da’ primi anni del secolo xiii.10 Sulle rive del Po eravi qualche casa che avea preso probabilmente fin dai tempi romani il nome di Valentino; seppure non derivava quel nome da una cappella dedicata a S. Valentino.

Verso l’angolo sud-ovest della città, accanto allo stagno delle rane, sorgea la casa e lo spedale dei santi Severo e Margarita, già magion de’ Tempieri, ed a breve distanza dall’angolo della porta Fibellona, incontravasi S. Solutore minore, un tempo chiesa rurale dell’ordine di Vallombrosa, poi divenuta di patronato del feudo di Pollenzo, e così dipendente dalla nobilissima schiatta de’ Romagnani.

Nel 1446, essendo mezzo in rovina, la città di Torino supplicava Felice v, perchè l’assegnasse agli eremitani di S. Agostino, versoi quali aveano i Torinesi allora particolar divozione, pe’ gran frutti che faceva tra loro fra Giovanni Marchisio predicatore di detto ordine.11 Ma la cosa non ebbe effetto. Agli