Pagina:Storia di torino v2 cibrario 1846.djvu/740

Da Wikisource.
736 libro sesto, capo settimo

ebbe dimora e mancò di vita il conte Bogino. Richiama esso ancora un’altra memoria, poichè fu stanza di Giuseppe ii, quando venuto nel 1769 a Torino, destò la pubblica curiosità non solo per l’altissimo suo principato, ma per la singolarità di sua persona, andando attorno in abito dimesso, coi proprii capelli appena impolverali, mentre tutti usavano coprirsi d’enormi parrucche incipriate, e vestir abiti pomposi. Il Re suo zio fe’ aprire in onor suo il gran teatro, gli mostrò privatamente la S. Sindone, gli fe’ veder soldati e fortezze.

I due principi erano ambedue riformatori; ma Carlo Emmanuele era un riformatore misurato e lento, che adattava le riforme ai bisogni ed ai desiderii della nazione. Giuseppe ii, un riformatore precipitoso che precorreva d’assai tempo l’opinione pubblica, non si curava d’andar a salti, dal proprio cervello, e non dai desiderii de’ popoli misuravane l’opportunità, ed infliggeva le sue riforme allo Stato collo stesso vigore con cui avrebbe inflitto un gastigo; nondimeno principe di gran mente, e d’ottime intenzioni, che era persuaso di poter educare il popolo con una legge, di abbatterne l’ignoranza con un rescritto; senza pensare che l’educazione dei popoli è lenta, e che la pubblica opinione si può qualche volta ed anche si dee prevenire dai legislatori, quando appena comincia a formarsi, ma non si può creare ad un tratto per virtù d’un decreto imperiale.