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136 notte terza

venisseno. A cui fu risposo che erano due donne fuoruscite, e che venivano di Persia con il loro avere, per abitare in questa gloriosa cittá. Ed addimandate se grato averebbono che da lui e dalle sue donne visitate fussero, gli risposero che caro le sarebbe molto, ma che era piú convenevole ed onesto ch’elle, come suddite, andassero a loro, che elle, come signore e Rreine, venissero a visitarle. Ferrandino, fatta chiamare la reina e le altre donne, con esso loro, ancor che ricusassino di andare, temendo forte la loro propinqua roina, se ne girono al palazzo delle due matrone; le quali con benigne accoglienze e onesti modi onoratissimamente le ricevettero: mostrandogli le ampie loggie e spaziose sale e ben ornate camere, le cui mura erano d’alabastro e porfido fino, dove si vedevano figure che vive parevano.

Veduto che ebbero il pomposo palazzo, la bella giovane, accostatasi al re, dolcemente lo pregò che si degnasse con la sua donna di voler un giorno con esso loro desinare. Il re, che non aveva il cuor di pietra ed era di natura magnanimo e liberale, graziosamente tenne lo invito. E rese le grazie dell’onorato accetto che le donne fatto gli avevano, con la reina si partí ed al suo palazzo ritornò. Venuto il giorno del deputato invito, il re, la reina e la matrigna, regalmente vestite ed accompagnate da diverse matrone, andorono ad onorare il magnifico prandio giá lautamente apparecchiato. E data l’acqua alle mani, il siniscalco mise il re e la reina ad una tavola alquanto piú eminente ma propinqua alle altre; dopo fece tutti gli altri secondo il loro ordine sedere: ed a gran agio e lietamente tutti desinarono. Finito il pomposo prandio e levate le mense, levossi Samaritana in piedi; e voltatasi verso il re e la reina, disse: — Signor, acciò che noi non stiamo nell’ozio avvolti, qualcuno propona alcuna cosa che sia di piacere e contento. — Il che tutti confirmarono esser ben fatto. Ma non vi fu però veruno che proponere ardisse. Onde vedendo Samaritana tutti tacere, disse: — Dopo che niuno si move a dire cosa alcuna, con licenza di vostra maestá farò venire una della nostre donzelle, che ci dará non picciolo diletto. — E fatta