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160 notte quarta

tre onoratissimamente maritare, e dividere il regno suo in tre parti: assegnandone una a ciascheduna delle figliuole e ritenendo per sè tanto quanto fusse bastevole per la sustentazione e di sè e della famiglia e corte sua.

E sí come egli seco deliberato aveva, cosí alla deliberazione seguí l’effetto. Maritate adunque che furono le figliuole in tre potentissimi re di corona: l’una nel re di Scardona, l’altra nel re dei Goti, la terza nel re di Scizia, ed assignata a ciascheduna di loro la terza parte del suo reame per dote, e ritenuta per sè una parte assai piccioletta, la quale al bisogno suo maggiore li prestasse soccorso, viveva il buon re con Valeriana sua diletta moglie onestamente ed in pacifico stato. Avenne che dopo non molti anni, la reina, di cui il re non aspettava piú prole, se ingravidò; e giunta al parto, parturí una bellissima bambina, la quale dal re fu non meno ben veduta ed accarrecciata, che furono le tre prime. Ma dalla reina non molto ben veduta ed accettata: non giá perchè odio le portasse, ma per esser tutto il regno in tre parti diviso, nè vedersi modo alcuno di poterla sofficientemente maritare; nè però la volse trattare da meno di figliuola. Ma datala ad una sofficiente balia, strettamente le impose che di lei somma cura avesse, ammaestrandola e dandole quelli gentili e lodevoli costumi che ad una bella e leggiadretta giovane si convengono. La giovinetta, che per nome Costanza si chiamava, cresceva di dí in dí in bellezze ed in costumi; nè le era dimostrata cosa alcuna dalla savia maestra, che ella ottimamente non apprendesse. Costanza, essendo pervenuta all’etá di dodeci anni, aveva giá imparato ricamare, cantare, sonare, danzare, e far tutto quello che ad una matrona onestamente si conviene. Ma non contenta di ciò, tutta si diede agli studi delle buone lettere; le quali con tanta dolcezza e diletto abbracciava, che non pur il giorno, ma anche la notte in quelle consumava: affollandosi sempre di trovar cose che fussero molto isquisite. Appresso questo, non come donna, ma come valente e ben disposto uomo, all’arte militare si diede, domando cavalli, armeggiando e giostrando; ed il piú delle volte rimaneva