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164 notte quarta

atterra, piú e piú volte con molta astuzia ed arte s’ingegnò di tirar il giovane a gli servigi suoi. Ma egli, costante e forte come alta torre da impetuosi venti battuta, nulla si muoveva. Il che vedendo, la reina l’ardente e caldo amore in sí acerbo e mortal odio converse, che piú non lo poteva guatare. E desiderosa della morte sua, giorno e notte pensava, come da gli occhi se lo potesse rimovere; ma temeva fortemente il re, che sommamente l’amava e caro lo teneva. Regnava nella provincia della Bettinia una spezie di uomini, i quali dal mezzo in su tenevano la forma di creatura umana, ancor che le loro orecchie e corna di animale fusseno. Ma dal mezzo in giú avevano le membra di pelosa capra, con un poco di coda torta a guisa di coda di porco, e nominavansi satiri: i quali sconciamente danneggiavano i villaggi, i poderi e gli uomini del paese, ed il re desiderava molto di averne uno vivo in sua balía; ma non vi era alcuno a cui bastasse il cuore di prenderne uno ed al re appresentarlo. Laonde la reina col mezzo loro s’imaginò di dar a Costanzo la morte; ma non le venne fatto: perciò che l’ingannatore sovente rimane sotto a’ piedi dell’ingannato, cosí permettendo la divina provvidenza e la somma giustizia. La falsa reina, che chiaramente sapeva il desiderio del re, ragionando un giorno con esso lui di varie cose, tra l’altre disse: — Signor mio, non sapete voi che Costanzo, vostro fidelissimo servitore, è sí potente e sí forte, che gli basta l’animo senza l’altrui aiuto prendere un Satiro ed a voi appresentarlo vivo? Il che, essendo cosí sí come io intendo, voi poterete agevolmente isperimentare, e ad un’ora adempire il voler vostro: ed egli, come potente e forte cavaliere, conseguire un trionfo che gli sará di perpetua fama. —

Piacquero molto le parole dell’astuta reina al re: il quale subito fece chiamare Costanzo, e tai parole li disse: — Costanzo, se tu mi ami, sí come tu dimostri e ciascuno il crede, intieramente adempirai i miei desiri, e tu la vera gloria ne porterai. Tu dèi sapere che non è cosa in questo mondo ch’io piú brami e desideri, che avere uno satiro in mia balía. Onde,