Pagina:Straparola - Le piacevoli notti I.djvu/195

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poco era lontana, per attuffarsi; e giunta in su la riva già per entro gittarsi, udì una tonante voce che diceva: Ahimè, non fare, nè voler di te stessa esser omicida! riserba la tua vita a miglior fine. Allora Biancabella, per tal voce smarrita, quasi tutti i capelli addosso si sentì arricciare. Ma parendole conoscere la voce, preso alquanto di ardire, disse: Chi sei tu che vai errando per questi luochi, e con voce dolce e pia ver me ti dimostri? — Io sono, rispose la voce, Samaritana tua sorella, la quale tanto instantemente chiami. Il che udendo, Biancabella con voce da fervidi singolti interrotta le disse: Ah! sorella mia, aiutami ti prego; e se io dal tuo consiglio scostata mi sono, perdono ti chiedo. Perciò che errai, ti confesso il fallo mio, ma l’error fu per ignoranza, non per malizia; che se per malizia stato il fusse, la divina provvidenza non l’arrebbe lungo tempo sustenuto. Samaritana, udito il compassionevole lamento, e vedutala così maltrattata, alquanto la confortò; e raccolte certe erbuccie di maravigliosa virtù, e postele sopra gli occhi, e giungendo due mani alle braccia, immantinente la risanò. Poscia Samaritana, deposta giù la squallida scorza di biscia, una bellissima giovanetta rimase. Già il sole nascondeva gli suoi folgenti rai, e le tenebre della notte cominciavano apparire, quando il vecchiarello con frettoloso passo giunse alla selva, e trovò Biancabella che con un’altra ninfa sedeva. E miratala nel chiaro viso, stupefatto rimase, pensando quasi ch’ella non fusse. Ma poi che conosciuta l’ebbe, le disse: Figliuola mia, voi eravate stamane cieca e monca; come siete voi così tosto guarita? Rispose Biancabella: Non già per me, ma per virtù e cortesia di costei che meco siede, la quale mi è sorella. E levatesi ambedue da sedere, con somma allegrezza in-