Pagina:Straparola - Le piacevoli notti I.djvu/59

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vrebbe. E, levatoselo su le spalle meglio ch’ei puote, verso il palagio se n’andò; e, giuntovi, col mendico in spalla montò su per una scala che seco recato aveva, e su’l tetto del palagio salì, e chetamente cominciò scoprire il coperto del palagio; e con li suoi stromenti di ferro sì fattamente perforò le travi e le tavole, che fece un gran pertugio sopra la camera dove il pretor dormiva. Il preside, che nel letto giaceva e non dormiva, sentiva chiaramente tutto quello che faceva Cassandrino; e, quantunque ne sentisse danno per lo rompere del coperto, pur ne prendeva piacere e gioco, aspettando di punto in punto che egli venisse a furarli il letto di sotto. E tra se stesso diceva: Fa pur, Cassandrino, il peggio che tu sai, che in questa notte il letto mio non averai. Stando adunque il pretore con gli occhi aperti e con le orecchie attente, ed aspettando che’l letto li fusse involato, ecco che Cassandrino mandò giù per lo pertugio il mendico morto: il quale nella camera del preside diede sì fatta botta in terra, che lo fece tutto smarrire. Onde, levatosi di letto e preso il lume, vide il corpo che in terra tutto franto e pisto giaceva. E credendo veramente che’l corpo caduto fusse Cassandrino, perciò che era vestito de’ suoi panni, fra se stesso assai dolendosi disse: Ohimè misero! guata, dolente me, come, per adempire un mio fanciullesco appetito, della costui morte son stato cagione. Che si dirà di me, quando si saperà che egli mi sia morto in casa? Oh quanto cauti ed aveduti gli uomini esser denno! Stando il pretore in questi lamenti, picchiò all’uscio della camera di uno suo leale e fido servente; e, destatolo, li raccontò il misero caso intervenuto: pregandolo facesse una fossa nel giardino e dentro il corpo ponesse, acciò che tal vituperoso fatto ad alcun tempo non venisse in luce. Mentre il pretore e lo servente