Pagina:Straparola - Le piacevoli notti I.djvu/79

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un nuovo pensiero nell’animo: che è questo che intenderete. Era nella camera della morta madre uno armaio bellissimo e sottilissimamente lavorato, nel quale la figliuola le sue ricche vestimenta e care gioie teneva; nè vi era alcuno che aprire lo sapesse, se no la savia balia. Costei nascosamente trasse le robbe e gioie che vi erano dentro, e posele altrove; e mise nello armaio un certo liquore di tanta virtù, che chiunque ne prendeva un cucchiaro, ancor che picciolo, molto tempo senza altro cibo viveva; e chiamata la figliuola dentro la chiuse, essortandola che là entro dimorasse fino a tanto che Iddio le porgesse migliore e più lieta fortuna, e che il padre dal fiero proponimento si rimovesse. La figliuola, ubidiente alla cara balia, fece quanto da lei imposto le fu. Il padre, non raffrenando il concupiscibile appetito, nè rimovendosi dalla sfrenata voglia, più volte della figliuola addimandò; e, non trovandola, nè sapendo dove ella fusse, s’accese di tanto furore, che la minacciò di farla vituperosamente morire. Non erano ancora trappassati molti giorni, che Tebaldo una mattina ne l’apparir del sole entrò nella camera dove l’armaio posto era; e, vedendoselo innanzi gli occhi, nè potendo sofferire di vederlo, comandò con mano che indi levato fusse e altrove portato e venduto, acciò che ei dagli occhi levar si potesse questa seccaggine. Li serventi, molto presti a’ comandamenti del lor signore, preserlo sopra le spalle e in piazza lo portorono. Avenne che in quel punto aggiunse in piazza un leale e ricco mercatante genovese; il quale, avendo adocchiato l’armaio bello e riccamente lavorato, di quello fortemente s’innamorò, deliberato tra se stesso di non lasciarlo per danari, quantunque ingordo pregio addimandato li fusse. Accostatosi adunque il genovese al servente che dello armaio cura