Pagina:Straparola - Le piacevoli notti II.djvu/57

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Firenze; e giunto a casa, fu dalla moglie lietamente ricevuto. Più volte venne ad Ortodosio un diabolico pensiero di uccidere Isabella e di Firenze chetamente partirsi; ma considerando il pericolo e il disonore, volse ad altro tempo riservarsi il castigo. E senza dimora fece intendere a’ suoi cognati il ritorno suo, pregandogli che nel seguente giorno a desinar seco venissero. Venuti e cognati secondo l’invito fatto a casa di Ortodosio, furon ben veduti da lui e meglio accarezzati; e tutti insieme allegramente desinarono. Finito il prandio e levata la mensa, Ortodosio così a dire incominciò: Amorevoli cognati, penso che a voi manifesta sia la causa, per la quale noi quivi raunati siamo: e però non fa mistieri ch’io lungamente mi distendi in parole; ma verrò al fatto che a noi s’appartiene. Ed alzato il viso centra la moglie, che a dirimpetto li sedeva, disse: Con cui, Isabella, il fanciullo, che in casa tieni, hai tu conceputo? A cui Isabella: Con esso voi, rispose. — Meco? e come meco? disse Ortodosio. Già sono cinque anni che io ti sono lontano, e da l’ora che mi partì, non mi hai veduto. E come dici tu averlo conceputo meco? — Ed io vi dico, disse Isabella, che ’l figliuolo è vostro; e in Fiandra con esso voi hollo conceputo. Allora Ortodosio, d’ira acceso, disse: Ah bugiarda femina e d’ogni vergogna priva, quando in Fiandra fosti tu giamai? — Quando giacqui nel letto con voi, rispose Isabella. E cominciando dal principio del fatto li raccontò il luogo, il tempo e le parole tra loro quella notte usate. Il che quantunque ad Ortodosio ed a’ cognati ammirazione porgesse, non però credere lo poteano. Onde Isabella, vedendo la dura ostinazione del marito e conoscendolo incredulo, levossi da sedere, e andatasene in camera, prese la veste ricamata e il