Pagina:Strocchi - Elogi e discorsi accademici.djvu/141

Da Wikisource.

141     


Se pur ti fidi commensal su i letti
De’ bisnonni seder.

Non so pensare che il figlio di libertino avesse il cuore a ricordare le domestiche massericcie dei bisnonni; Orazio uomo nuovo di nuove era certamente fornito; nè so quanto a latina eleganza consuoni la voce Archaicis. Il Bentleio, talvolta giusto, talvolta audace recensore, (che perciò fu segno a pungenti motti dello spettatore inglese) dubitò, che fossero ivi slogate due vicine vocali, e si dovesse leggere “Archiacis”. Mirabilmente trovò testimonianza di scrittori, i quali riferiscono, che uno per nome Archia era in Roma fabbro lignario, che fabbricava mense ad uso della gente minuta. Il poeta chiama Archiaco il suo desco, come altrove chiamò Campana, ed io dirò Faentina quella suppellettile, che ne’ modesti convivi scusa la pompa di superbe tazze peregrine.

Nella epistola ad Augusto il cortigiano poeta inalza il suo munifico Principe sovra tutti gli eroi, che furono e saranno, dicendo: Romolo, Bacco e gli altri eroi divennero consorti degli Dei dopo la morte. A te vivo e veggente fumano gli altari. La lezione post ingentia facta dopo altre imprese è pleonasmo: l’altra che piacque al Bentleio post ingentia fata, dopo la morte, detta fatum ingens, è il perno di tutto il ragionamento.

Nella satira settima del lib. 2 il verso:

Quid refert uri virgis, ferroque necari,

si traduce: