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PARTE SECONDA




La prima parte del cómpito ch’io mi sono imposto è terminata; e per quanto essa siami stata penosa, ancor più lo sarà quella che mi rimane a tessere. Io ho dato a conoscere quanto irrequieto e turbolento fosse lo spirito dell’aristocrazia milanese, e a quanti diversi e sconsigliati progetti esso la traesse; ho mostrato come risoluti ed anzichenò feroci fossero gli abitatori del contado lombardo, e come, chiamati ad incarnare i disegni dell’aristocrazia, vi adoperassero con brutale energia. Sono alieno a trafatto dal far plauso allo spirito e ai fatti di quel tempo; e di fatti ho deplorato abbastanza nel corso della mia narrazione il funesto acciecamento di cui sembravano tutte colpite le diverse fazioni che brulicavano allora in Milano. Ma pure, se la Lombardia procedeva allora da cieca, non era essa tuttavia immobile; se tristi affetti bollivano nei cuori, non vi si annidava almeno la stupida indifferenza; se i membri dell’aristocrazia si lusingavano con la speranza vana di troppo splendidi destini, sentivano almeno la voce dell’ambizione; se lo spirito nazionale pareva affetto da de-