Pagina:Sul bilancio delle consumazioni colle produzioni.djvu/16

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ponesse in ridicolo quelle amministrazioni le quali si immaginano di sapere meglio delle nazioni, ciò che alle nazioni conviene di produrre, ed il miglior modo per riuscirvi. Ei non può ignorare che dopo le discordie di famiglia quelle dell’interno delle intraprese sono quelle delle quali bisogna occuparsi il meno. Perchè dunque, dice egli, che l’incarico d’associare gli interessi di quelli che concorrono alla medesima produzione, in vece di metterli in opposizione, appartiene al legislatore? Come se l’economia della società tutta intiera non fosse appoggiata se non sopra interessi che si combattono fra loro. Preferirei quasi ch’egli invitasse il legislatore o l’amministratore, ogni volta che un avventore mette in piedi una bottega, ad intromettersi fra il venditore ed il compratore. Perchè vorrebbe egli l’esame delle leggi che potrebbero obbligare i padroni a guarentire la sussistenza degli operaj che eglino impiegano (pag. 228)? Un simile esame paralizzerebbe lo spirito d’intrapresa; il solo timore che il potere s’intrometta nelle convenzioni private è un flagello, e nuoce alla prosperità d’una nazione.

Il sig. De Sismondi ne sente egli medesimo le conseguenze; conseguenze però naturalissime, le quali trarre si possono dal suo sistema. Ei si difende dalla taccia d’aver voluto preferire la barbarie alla civilizzazione, e di opporsi a tutti i progressi che l’uomo può fare: le sue obiezioni, dic’egli, non sono dirette nè contro le macchine, nè contro le scoperte, nè contro la civilizzazione: Contro che cosa sono dunque elleno dirette? Contro l’organizzazione moderna della società; organizzazione la quale privando l’uomo che lavora, d’ogni altra proprietà fuori di quella delle sue brac-