Pagina:Sul bilancio delle consumazioni colle produzioni.djvu/17

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cia, non gli dà alcuna guarentigia contro una concorrenza diretta a suo pregiudizio. Ma come? perchè la società guarentisce ad ogni sorta d’intraprenditori la libera disposizione de’ suoi capitali, vale a dire la sua proprietà, essa spoglia l’uomo che travaglia! Io lo ripeto: nulla havvi che sia più pericoloso delle viste tendenti a regolare l’uso delle proprietà; questa pretensione non è meno temeraria di quella di regolare l’uso innocente che l’uomo può fare delle sue braccia e delle sue facoltà che sono pure una proprietà. Se l’autorità obbliga il padrone a dare un certo salario, essa deve obbligare anche l’operajo a fare un certo lavoro: ecco in allora il sistema della schiavitù che rinasce sistema che lede la proprietà del povero, la quale consiste nel suo lavoro, più anche di quello che non leda la proprietà dell’intraprenditore, il quale deve potere impiegare i suoi capitali secondo i suoi talenti e le circostanze variabili all’infinito.

In tutto quello che precede, io ho acconsentito, come lo bramò il sig. De Sismondi, a fare astrazione dagli smerci che presenta il commercio collo straniero; poichè i progressi dell’industria interna bastano a spiegare l’estensione degli smerci nell’interno. Pure il commercio straniero somministra incontrastabilmente nuovi smerci, quantunque ciò non succeda nel modo che unicamente si crede. Se non temessi di troppo estendermi su questo particolare, io potrei dire come e fino a qual punto il commercio favorisca la produzione; mi limiterò a citare quello che altrove fu provato, che le esportazioni cioè del paese, il quale ha il commercio estero il più florido, sono poca cosa paragonate alla sua consumazione interna; donde segue che il