Pagina:Sull'incivilimento primitivo.pdf/43

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malcontenti di ogni contrada d’Italia venuti a ricoverarsi sotto il vessillo di un audace bandito di Albalunga, il quale cambiando il suo nome di Quirino in quello più acconcio di Romolo, che significa vigoroso, avea aperto in un borgo situato in mezzo ai boschi, il quale per la sua forte posizione chiamò Roma ossia fortezza, un asilo a tutti quelli che erano stanchi del potere teocratico che gravava su tutta Italia. I Romani colla non curanza del passato dettero compiacente mano a distruggere ogni tradizione che potesse far manifesta la bassa origine loro; si compiacquero di oscurar le memorie che ricordavano Romolo un bandito, e volentieri accettarono la greca fola che il diceva figlio di Marte. Così quando essi furono conquistatori del mondo, ogni municipio italico, sospinto dall’empio spirito di adulare gl’imperanti, per potersi dire lor congiunto volle trovar di Grecia il fondator della propria città, allora ogni eroe ellenico avea tragittato il mar Ionio e percorso Italia per sparger la civiltà in questa o quella terra, la quale si affrettava a distruggere come barbara e vergognosa quella tradizione locale che la rendeva d’italica origine, per sostituire un sogno poetico. Questa è la più verisimile cagion dello smarrimento delle antiche memorie, ed è strana e ingiuriosa quella che adducono molti scrittori tra’ quali notiamo per ragion di onore lo storico Cantù, cioè che i Romani, per proprio orgoglio e ira contro la civiltà anteriore, spersero e distrussero memorie e documenti della storia passata, volendo che tutto avesse origine e principio da Roma. Sono accagionati i nostri maggiori di aver per astio cancellato ogni ricordo e storia