Pagina:Svevo - Corto viaggio sentimentale e altri racconti, 1949.djvu/100

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restare l’umile serva mia e di mia moglie. Pensavo proprio di dirle che di giorno avrebbe potuto continuare a servire mia moglie e qualche notte avrebbe dovuto accogliermi nel suo letto. Per qualche tempo solo, finché ne fossi stato ben sazio. Non dissi tutto ciò solo perché tutto mi pareva sottinteso. Non c’era fretta. E se non ci fosse stato questo mio sciocco cervello ch’è fatto altrimenti di quello che dovrebbe, io avrei potuto fare la mia vita piú lieta e piú comoda per sempre. Non Anna mi rese infelice, ma questo mio stupido cuore.»

E il Bacis continuò dicendo che in quel torno di tempo gli capitò la notizia che suo fratello, cassiere in una banca, aveva commesso una cattiva azione che avrebbe potuto costare la vita alla loro madre. La madre supplice si rivolse a lui pregandolo di procurare lui le diecimila lire che occorrevano per salvare l’onore della famiglia. Egli senz’altro comunicò la cosa al padre di Berta che già considerava suo padre. Costui diede subito le diecimila lire, ma volle che Berta ne fosse informata e sapesse che tale importo andava in deduzione della dote. Cosí egli si trovò d’essere ufficialmente fidanzato di Berta. «Non ci furono molte parole né con Anna per divenirne l’amante, né con Berta per divenirne il fidanzato. L’anticipazione sulla dote era proprio da Berta la stessa cosa che Anna m’aveva concesso permettendomi di godere del suo corpo. Cosí io passai tutti i miei giorni con Berta e tutte le mie notti con Anna. Il grande casamento vastissimo e disadorno in cui vivevamo era proprio fatto per organizzarvi la mia doppia vita. Ad un’ala c’era l’ufficio e l’abitazione della famiglia di Berta. Al di fuori dell’ufficio dormivo io in una stanza a pianoterra. All’altra ala, circondata da stanze in cui dormivano famigli e serve stanchi del lavoro della giornata, c’era la stanza di Anna. Avevamo tre cani di guardia, che m’accompagnavano festosamente ma muti nella mia corsa da una parte della casa all’altra. E di giorno io ad Anna non pensavo. Quando l’intravedevo umile, intenta alle sue faccende, pensavo: “Aspetta! Godrò di questa tua umiltà questa notte. Adesso non c’è tempo di pensarci”. E con Berta poco o nulla si parlava d’amore. Ma ci trovavamo uniti nello stesso pensiero di allar-