Pagina:Svevo - Corto viaggio sentimentale e altri racconti, 1949.djvu/99

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Ma ora parlò chiaramente e sempre con la stessa bassa voce quasi vergognandosi di se stesso, cosí che il signor Aghios percepí ogni sua sillaba.

«Chi era Anna? Una serva. Chi ero io? Non sapevo di essere uno schiavo disgraziato. Venivo già trattato quale il figlio del padrone. Non si poteva ragionevolmente pretendere ch’io rinunziassi all’alta posizione che mi veniva regalata. Perciò io decisi di godere Anna e sposare Berta. Con lento proposito. Ogni mattina levandomi il mio problema era: Che cosa farò io oggi per conquidere Anna? Senza che altri se ne accorgesse io la circuii delle mie attenzioni. Fu facilissimo ottenerla! Non ci fu altra difficoltà che di trovarla sola, scavalcare un davanzale. Ancora adesso non capisco! Tutti a Torlano l’ammiravano per la sua modestia, la sua ritenutezza, la sua religione. Questa facilità forse m’attaccò tanto a lei, fu la mia sventura e, se Dio m’aiuta, sarà la sua salvezza. Perché si fidò, di me, cosí subito? Fu ingannata dalla sincerità della mia carne? Sa spiegarlo lei ch’è un filosofo?»

La mente intorpidita del signor Aghios fu scossa da quelle parole del Bacis: Sincerità della carne. Un turbine d’idee sorse da quelle parole. Era la sincerità delle bestie la sincerità della carne, ma anche da esse questa sincerità non durava che un attimo e non rappresentava un impegno. Il Bacis aveva però macchiato quella sincerità, perché in quel medesimo istante egli aveva pensato di simulare. Anche quella sincerità da lui non aveva servito che a tradire meglio.

«A me lei dà del filosofo nello stesso istante in cui ella fabbricò questa terribile idea della sincerità della carne contraddetta dalla falsità di un’altra parte del corpo ch’è anch’essa carne, carne evoluta!»

«Io non ho tempo di pensare a tali cose» disse il Bacis stringendosi nelle spalle. «Io non penso mai; io ricordo per soffrire. Avvenne proprio come le dico. Essa mi sentí sempre sincero ed io sempre seppi di tradirla. Io non credo di aver saputo fingere. Il mio volere fermo di sposare la fortuna, non me ne lasciava il tempo. Se avevo anche sempre pronte le parole per avvisarla ch’essa doveva