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VII

GORIZIA - TRIESTE


Si destò che albeggiava, squassato da un’altra fermata del treno. Saltò in piedi. Era una stazione abbastanza considerevole. Gorizia!

Ma dove era dunque disceso il Bacis? E l’Aghios fece con facilità la sua teoria su quell’abbandono. Certo il Bacis aveva rinunziato alla speranza di trovare quel denaro da quel suo parente a Gorizia e doveva essere disceso a Udine. Chissà quello che avrebbe fatto! Forse avrebbe finito col decidersi di sposare Berta per poter, da padrone, proteggere meglio Anna. Vedeva oramai quella storia tanto da lontano che ogni accomodamento gli pareva possibile. In fondo Anna era l’oggetto dell’amore e tale doveva rimanere. Cara! Cara! Quegli straccini, che la vestivano tanto bene, non doveva abbandonarli.

Verso le sette, quando il treno, con quel suo passo stanco di nottambulo che rincasa, cominciò ad arrampicarsi sul Carso, in un istante di noia, non sapendo che farsi nella sua solitudine, il signor Aghios trasse di tasca il portafogli e palpò le banconote. Sorrise ai propri sensi ingenui che sentivano un dimagrimento del pacchetto. Cosa vuol dire curarsi troppo di una cosa! Per rassicurarsi si chiuse nella vettura, calò le tendine e si mise a contare accuratamente le banconote. Non ve ne erano che quindici! Il Bacis ne aveva trafugate proprio quindici. Oh! Quale canaglia!

Il primo movimento dell’Aghios fu di correre al campanello d’allarme. Vi pose persino la mano, ma dopo, da persona timida, esitò davanti a quella minaccia di persecuzione penale. E cosí ebbe il tempo di ragionare. Che scopo c’era di arrestare quel treno lento, che si batteva al di sopra Barcola, sobborgo di Trieste, per raggiungere il ladro ch’era disceso in una stazione non precisabile prima di Gorizia e da lí s’era avviato col suo bottino verso Torlano ove non c’era