Pagina:Svevo - Corto viaggio sentimentale e altri racconti, 1949.djvu/155

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II


Il tempo procedette non piú velocemente del solito. Ci si trovava tuttavia nella stessa primavera fattasi un po’ piú calda. Risuonavano ancora nell’orecchio di Teresa le parole che suonavano dolore e ch’erano servite ad adornare l’ultima loro sera d’amore quando vide il marito inchiodato dalla malattia nel letto. Una malattia ch’era capitata fulminea con un lungo brivido. Per conformarsi al suo proposito Roberto tentò di convertire il brivido in una risata: «Pare un solletico» disse. Questo suo sforzo non arrivò che a rendere piú tragica la grave minaccia.

Il dottor Paoli subito chiamato parve dapprima tranquillo sempre però ammonendo con aspra ironia sul proprio sapere e potere, ch’egli ne avrebbe saputo di piú quando la malattia avrebbe avuto il tempo di dire di piú.

Le torture della febbre furono sopportate facilmente da Roberto. Una sola volta, dopo di essere stato lungamente silenzioso disse alla persona che stava accanto al suo letto e ch’era veramente Giovanna, la loro vecchia cameriera: «Tu, veramente, avresti avuto bisogno di me». E quando Giovanna riferí tali parole a Teresa, a questa parve che il loro senso fosse mitigato dalla prova ch’esse stesse fornivano per essere destinate a lei e pervenute alla cameriera dalla grande febbre che turbava quel cervello. Nessuno alla morte aveva ancora pensato. Se non ci fosse stata la febbre, essa avrebbe pensato che tutto quello ch’egli aveva detto fosse poco pensato, mancasse di vigore. Se lo spavento precedeva il pericolo allora lo spavento era piú vero persino del proprio ch’essa sapeva grande e cui talvolta si preparava con mite rassegnazione.

Poi la febbre diminuí ed egli alla morte piú non pensò. Credette piú fermamente nel termometro che nella propria tortura, l’affanno e il dolore.

Quella sera Teresa cominciò lei a tremare. Era la mezzanotte e le due domestiche già dormivano. Dovette lei accom-