Pagina:Svevo - Corto viaggio sentimentale e altri racconti, 1949.djvu/171

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la nostra amicizia, ed io procedevo perfettamente inconscio del mio desiderio, sordo al mio desiderio, cieco allo stesso come lo stesso Orazio. Si poteva quasi dire ch’eravamo in due a non intenderlo. Non in tre. Perché io già sapevo che Antonia s’era accorta dell’importanza ch’io attribuivo a ogni parte del suo corpo.

Devo ripetere qui a scanso di malintesi che se anche non ci fosse stata Antonia io avrei avuto tutte le buone ragioni per restare attaccato ad Orazio. Egli beveva e fumava come me ma in tutt’altre forme: Beveva ogni giorno e fumava ad ogni ora, ma tutto ciò con regolarità e piena serenità. Giacché non sapevo cessare né di fumare né di bere avrei voluto imitarlo per saper liberarmi almeno dei rimorsi. Poi quella sua grande fiducia cieca nell’amicizia e anche nell’amore (cioè quello ch’egli arrivava a sentire tale) che metteva la sua vita sotto una campana ch’era bensí di vetro ma che proteggeva da tutte le avventure non serie del dubbio, della diffidenza, dello sconforto, che imperversavano sulla mia vita, lo rendeva per me tanto amabile che proprio non mi pareva ci sarebbe stato il bisogno di Antonia per indurmi a preferire la sua compagnia. Io l’amavo sinceramente come i poeti amano i poeti grandissimi, certi soldati timidi i prodi. Sapeva cacciare, pescare e anche cucinare. Un’insalata condita da lui non si dimenticava piú. Per un chilogrammo d’insalata abbisognava di un’ora, quattro intingoli varii che preparava in quattro bicchieri. Gettati sull’insalata sapeva mescolare per tre quarti d’ora cosí che alla fine ogni singola foglia era lesa e pregna di un sapore che non era il suo o cui il suo debolmente s’associava. Anche l’aglio ci entrava ma un barlume, un ricordo di cosa. Già, solo l’uomo sano sa mescolare a quel modo. Lavorare tanto senza vedere il risultato ma anticipandolo ricordando il gusto avuto è cosa propria da animale disciplinato. Spaccare della legna è tutt’altra cosa e ognuno la sa fare, naturalmente se ha avuto l’ascia in mano dalla prima giovinezza.

Egli preparava benissimo anche la selvaggina che poi non mangiava ciò che, come Antonia, io gli rimproveravo come