Pagina:Svevo - Corto viaggio sentimentale e altri racconti, 1949.djvu/18

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12 PREFAZIONE

intimi, tali da conferire al linguaggio un’evidenza meno fragile e piú rigorosa. Se in un primo tempo poté esserci in Svevo il desiderio di una bella scrittura, in seguito la sua preoccupazione fu quella di rendere nella parola la mediazione pronta dello slancio mentale. L’arte di Svevo non cercava compromessi formali, non stava impegnata nell’amplificare la parola, nel raffinare lo stile attraverso preziosismi linguistici, bensí, al di là di ogni rettorica di gusto, sentiva il dovere di caricare il linguaggio mediante le relazioni che esso può stabilire con l’idea. Perciò egli rifiuta ogni lirismo e si forma un ritmo e un tempo di narrazione. Proprio il trattamento del tempo interessò molto Joyce durante la lettura di La coscienza di Zeno. Poche volte, come nel caso di Svevo, apparentemente tanto imperfetto e impreparato, la prosa fu offerta e trasmissione di un’idea collegante.


I racconti che qui si pubblicano sono stati raccolti tra le carte sparse dello scrittore e costituiscono tutto quanto egli ha lasciato di genere narrativo. Purtroppo molte cose sono interrotte o incompiute, ma il lettore saprà apprezzarle ugualmente poiché non sono “frammenti”, bensí brani narrativi di grande intensità. Ritengo che la maggior parte sia stata concepita durante quel periodo in cui l’incipiente successo letterario aveva dato nuova fiducia alla sua vocazione troppo delusa, mentre altri saranno stati composti via via negli anni della sua vita. Poiché se è vero che nel dicembre del 1902 confessava di aver già eliminato dalla sua vita quella ridicola e dannosa cosa che si chiama letteratura, penso che mai abbia rinunciato del tutto a coltivare la sua piú vera passione e che sempre abbia seguito quella regola che si era imposta e per cui “non c’è miglior via per arrivare a scrivere sul serio che quella di scribacchiare giornalmente”. Il gran numero di pagine lasciate ne può essere convincente conferma.

Molti dei motivi dominanti nelle sue narrazioni si ritrovano con frequenza in questi inediti: sopra tutto il tema della senilità, intesa sí, secondo il Poggioli, “come seconda natura, come vocazione”, ma spesso rappresentata anche come stato