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LA BUONISSIMA MADRE


A

MELIA era un’ottima fanciulla educata ai migliori principî e quando venne il tempo di maritarsi, il padre suo, ch’era un onesto negoziante le disse un giorno con aria soddisfatta che un milionario del paese aveva domandata la sua mano. Amelia timidamente oppose: «Ma io veramente calcolavo di sposare mio cugino Roberto; semprecché egli mi voglia» aggiunse la buona fanciulla arrossendo «perché mai me lo disse». «Queste sono fanciullaggini» disse il padre che sapeva le cose meglio di sua figlia. «Roberto non ha ancora finiti i suoi studii; Roberto spende molto piú di quanto deve; Roberto non dispone del becco di un quattrino...» La fanciulla esitava, le guance in fiamme. «Eppoi» concluse il padre «se ti avesse voluta, te l’avrebbe detto. Vuole forse che tu gli corra dietro? Dove si è visto che si tratti cosí una fanciulla dabbene?» La fanciulla si convinse. Quel Roberto infatti non sapeva trattare. L’ultima volta che l’aveva vista era stato muto, accigliato accanto a lei. Che cosa gli era capitato? Era ripartito per i suoi studii senza neppur venire a darle l’ultimo addio ed ora meritava, sí, meritava ch’essa si sposasse ed anzi senza dargliene avviso.

Perché Amelia voleva sposarsi al piú presto. Figlia unica era stata abituata a vedersi esaudito ogni suo desiderio. I genitori andavano debitori unicamente all’ottima indole della fanciulla se essa aveva dato un tale ottimo risultato. Essa aveva compiuti tutti i suoi studii ed anche molto bene. Veniva molto lodata specialmente per le materie positive: Le scienze naturali specialmente. Balbettava Darwin. La vita doveva fornirle i commenti necessari. Essa sapeva che l’antenato dell’uomo era fatto in un dato modo e che perciò l’uomo ed anche la donna erano fatti cosí e cosí. Sapeva la genesi delle mani e dei piedi e di molte altre cose ancora. Le sue belle mani e i suoi piedini non entravano nella legge. Si guardava volontieri nello spec-