Pagina:Svevo - Corto viaggio sentimentale e altri racconti, 1949.djvu/200

Da Wikisource.

bambina si quietava subito quando egli la cullava camminando col suo solito dislivello di quasi un metro. «Le farai venire il male di mare» ammoniva la madre. Dopo un anno il signor Merti non poté piú avere dei dubbî. Quale non fu la sua gioia! Non avrebbe potuto essere maggiore se egli stesso da un momento all’altro fosse guarito e avesse potuto smettere le tante suole e la tanta ovatta. Cessò da ogni cura. Aveva il sentimento di essere liberato da un incubo. «Non abbiamo piú paura» esclamava. «Ora potremo avere tanti figliuoli quanti ne desideriamo.» «Sí» diceva Amelia, «ma vediamo ancora crescere la bambina.» Essa non la osservava; l’amava. Bianca era dimenticata. Donata (cosí era stata battezzata la bambina) ne copriva il ricordo tanto le due bambine si somigliavano. Anche questa quando cominciò a mettere i denti, se era inquieta di notte esigeva di abbandonare il suo lettuccio e s’arrampicava in quello della madre al cui corpo aderiva in cerca di calore e di altra vita. E la madre sentendone il bisogno, si commoveva come se l’avesse portata ancora nel suo seno cosí bella e bianca. Le piccole membra si agitavano impensatamente. Una manina si cacciava nella bocca della madre, piccola, morbida, e dentro s’apriva andando a toccare con le dita il palato. Poi la bambina sedeva sul petto della madre ed era tanto lieve che veniva alzata tutta e abbassata dal respiro di Amelia. Affluirono alla casa ogni sorta di giocattoli che furono disposti nella stanza altre volte adibita agl’istrumenti ortopedici. Di notte però le bambole andavano ad adobbare il lettino di Donata. Ella ci dormiva in mezzo come un generale circondato dalla truppa. Riposavano tutte con gli occhi chiusi. Ognuna aveva la sua teletta di notte e per Amelia era un bel da fare svestirle e rivestirle tutte. Le bambole da quelle buone piccine che erano pigliavano sonno subito e Donata balbettava la preghiera in mezzo a loro per poi imitarle. Il signor Merti assisteva sempre alla complicata funzione. L’orgoglio lo soffocava. Veniva preso da assalti di risa inestinguibili; da lui anche la gioia aveva lo aspetto di un assalto di nervi. Spesso mormorava all’orecchio della moglie: «Sei contenta di me?». «Sí, caro» rispondeva