Pagina:Svevo - Corto viaggio sentimentale e altri racconti, 1949.djvu/279

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zava a lui il capo, ricordò l’ultima malattia della Lisa. Indisposta essa s’era trascinata per una settimana fra mastello e scafa,1 poi una mattina s’era messa ad urlare dal male e l’avevano portata all’ospedale. Ci era rimasta per un paio di settimane e ne era ritornata la faccia un po’ piú colorita e il corpo un po’ piú magro. «E state sempre bene, ora, Lisa?» domandò il signor Giulio. «Sí, signore, sempre!» disse essa con un mite sorriso che pareva di soddisfazione. Egli volle anche sapere se dacché aveva abbandonato l’ospitale si sentisse meglio o peggio. Ella rispose di non saperlo bene; era indecisa. Le pareva poco di sua convenienza di raccontare al padrone di sentirsi meno bene. Anche Cimutti aveva perduto il servizio anteriore in seguito ad una malattia. Essa aveva potuto vedere che i Linelli eran fatti altrimenti ma pur era meglio guardarsi. L’esitazione non fu percepita dal signor Giulio. Egli era sempre alla ricerca del buono e del meglio ed anche quando non c’era lo ritrovava. Dunque siora Lisa stava bene e alla sua famiglia erano garantiti tutti quei denari ch’essa sapeva guadagnare e alla signora Anna era assicurato un aiuto che rendeva loro tanto piú facile il soggiorno in quel luogo deserto. Ed egli non disse piú nulla per non interromperla nel suo lavoro. Ella levava dal canestro la biancheria sucida ed egli guardava fantasticando: Ecco le calzine della sua bambina Olga. Parevano quelle di un’adulta mentre quattr’anni prima quando erano venuti in laguna erano state tanto piú piccole.

Le calze e la camiciuola del piccolo Nino. Quelle sarebbero cresciute e di lí a pochi anni avrebbero avute le dimensioni delle cose di Olga che ora andava a scuola... alla scuola promiscua... che non si poteva ancora sapere se era una buona cosa.... ed era bene ch’egli si fosse levato a far trarre la gondola dalla secca... ed in complesso Cimutti non era molto intelligente. E cosí quando il signor Giulio si volse per andare a prendere il caffè in casa il giorno era fatto. I primi raggi del sole avevano nettato la palude che oramai appariva pura gialla e azzurra, pura quanto i canali d’argento che la circonda-

  1. Dialetto triestino: acquaio.