Pagina:Svevo - Corto viaggio sentimentale e altri racconti, 1949.djvu/297

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parte della partita che mi parve ingentissima e, secondo il costume di guerra, credetti di non aver urgenza della sua vendita. Se tutti avevano bisogno di lavarsi! Bastava andare in una tranvia a Trieste per sentire una puzza intensa che io fiutavo con delizia perché mi rassicurava sull’esito della mia operazione. Quando appresi della morte dell’Olivi mi arrabbiai un pochino: S’era sottratto alla sua disfatta! Piú tardi ne ebbi piacere perché del mio sapone a Trieste non ne volevano sapere: Non si lavavano piú? E sarebbe stato triste veder arrivare l’Olivi per constatare che gran parte degli utili di guerra erano andati a finire nell’operazione fatta durante l’armistizio. Rimasi sempre solo nella liquidazione di quell’affare. Non potevo rimproverarmi nulla. Il mondo s’era evoluto tanto rapidamente ch’io ne ero caduto fuori e navigavo in un paese ignoto. Il sapone comperato a Milano non aveva il contenuto di grasso prescritto a Trieste dalle leggi austriache che qui reggevano tuttavia il paese ad onta della presenza delle truppe italiane. Allora vendetti il sapone a fido a tre mesi ad un austriaco che partí per ritirarlo a Vienna. Colà non so se per bisogno urgente o perché la merce non corrisponde il sapone fu subito confiscato. Passò per le mani di un ufficio che finí poi per pagarlo integralmente. Ma le corone arrivarono qui quando non si potevano piú cambiare. Ritornarono in Austria riscattate per poche lire.

È l’ultimo affare ch’io m’abbia fatto e ne parlo ancora talvolta. Non si dimentica né il primo affare, fallito per troppa innocenza, né l’ultimo, la catastrofe della furberia troppo grande. E non lo dimentico neppure perché vi si associò un po’ di rancore. Poco prima della liquidazione di quest’affare era ritornato dalla guerra il giovine Olivi. Il giovine occhialuto era tenente e aveva il petto fregiato da qualche medaglia. Accettò senz’altro di riassumere nel mio ufficio il suo posto antico, alle mie dirette dipendenze. Io subito m’abituai ad un posto molto comodo di regnante che non governa. E presto dei miei affari non seppi piú niente. Leggi e decreti piovevano ogni giorno in Italia scritti con uno stile impossibile: Di ben preciso non c’era che il numero che designa il nostro re.