Pagina:Svevo - Corto viaggio sentimentale e altri racconti, 1949.djvu/321

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Certo dovevo avere un aspetto strano poco affettuoso. Intanto che l’accarezzavo urlavo dentro di me: “Come son buono, come son buono!”. Il sentimento di essere tanto buono minaccia di portarci ad essere meno buoni. Io credo anche che non si sia ritornati a migliori rapporti con lui perché egli veramente dava poco peso ai suoi rapporti con me. Tante volte l’avevo pregato di tenermi compagnia. Scappava non appena poteva.

Si accendeva di amicizie appassionate ora per uno ora per l’altro dei suoi colleghi. Per un certo tempo dedicò tutto il suo affetto ad un pittore che faceva sul serio dei ritratti bellissimi. Ed io gli dissi con rabbia: «Ah! Si può anche dipingere le cose come esistono?». Egli impallidí come sa impallidire lui e mi rispose: «Ognuno ha la sua personalità». A lui, cioè a noi era toccata quella personalità sbilenca dei colori disordinati. Non c’era da far altro che sopportarla. Egli si vendicò in tutte le occasioni.

Ma cosí dovetti arrivare alla conclusione che se la mia agonia e la mia morte avessero dovuto essere una grossa punizione per Alfio, egli la punizione l’aveva veramente meritata. Potevo avviarmi alla morte con grande tranquillità. La morte era l’avventura di tutti e bisognava ch’io mi rassegnassi anche alla mia. Avevo ora delle buone ragioni per credere che anche le sue conseguenze non sarebbero state troppo gravi: Augusta m’avrebbe pianto in pieno equilibrio, Antonia non avrebbe pianto affatto e Alfio avrebbe potuto fare come avevo fatto io o tutt’altrimenti che sarebbe stato lo stesso per me.

II


Mia figlia è stimabile come lo fu sua madre e anche di piú, è troppo stimabile. Somiglia fisicamente ad Ada, nella figurina eretta, nell’eleganza della testina e di tutto il corpo. Io so che piace molto agli uomini da quanto ne appresi da Augusta, ma essa fece già da giovinetta un proposito forte di virtú cui restò fedele con ogni suo atto ma anche con ogni