Pagina:Svevo - Corto viaggio sentimentale e altri racconti, 1949.djvu/331

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un amico. Una doppia ragione per non accompagnarci che riempí Antonia di tale amarezza da diminuire per quel giorno le manifestazioni del suo dolore. Si diede da fare intorno alla tomba recente e a spargervi fiori. Aspettavamo Carlo che aveva promesso di venire se avesse potuto farsi libero dall’ospedale ma aspettammo invano. Quando ogni speranza di vederlo sparí, Antonia cessò di occuparsi dei fiori e si dedicò tutta al suo dolore fra le nostre braccia.

Era una giornata un po’ nebbiosa autunnale di quelle giornate a mezzodí molto chiare ma veramente color di calce perché non apertamente luminose. Mi pare che in tali giornate si veda tutto meglio, i cipressi, le tombe, con le loro scritte e le loro immagini, il muro di cinta, la cappella oscura. Mi colpí tale evidenza e prima di scrivere qui parlai ad Alfio che in quella stessa giornata dipinse: «Luce tutta indiretta» egli disse brevemente, «che bellezza!». Ed io non dimenticai piú la mia bambina che si dibatteva fra le braccia di mia moglie solo perché io dopo un poco per stare piú comodo m’ero allontanato da loro. Sotto ai suoi veli la sua bella faccina pur pallida brillava ancora fresca di forza e di gioventú. Piangeva tanto e noi dovevamo sostenerla ma non v’è dubbio che stava meglio di noi. S’avanzava dall’ingresso qualcuno che a me parve fosse Carlo. Proprio il suo modo di moversi tenendosi diritto e dimostrandosi tuttavia negligente col suo passo lento e il suo naso per aria, gli occhiali lucidi. «Carlo» gridai. Per un istante Antonia cessò di piangere e guardò anche lei. «No, non è Carlo» disse. Infatti il giovinotto passò oltre guardandoci con qualche curiosità.

Antonia si quietò e poco dopo abbandonammo il cimitero. Nella vettura essa lungamente stette silenziosa, gli occhi arrossati rivolti alla via ch’essa certamente non vedeva. Poi improvvisamente si volse ad Augusta e le domandò dove sarebbe stata posta in casa nostra, quando ella vi si fosse trasferita, la stanza da letto della sua servitú. Augusta glielo disse. Di nuovo Antonia rivolse per qualche istante i suoi begli occhi sulla via fuggente e quando ritornò a noi mormorò: «Io vorrei pro-