Pagina:Svevo - Corto viaggio sentimentale e altri racconti, 1949.djvu/383

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solo bicchiere di vino, se fumavo piú di dieci sigarette e quelle denicotinizzate al giorno e se non m’astenevo... da tutto il resto. Egli dice che il corpo di un uomo della nostra età è un corpo che sta in equilibrio solo perché non sa risolvere da quale parte cadere. Perciò non bisogna accennargli quella parte perché allora la sua decisione sarebbe facile.» Continuò commiserandosi: «In fondo è facile prescrivere ad un altro: Non fare questo, né quello, né quell’altro. Si potrebbe anche dirgli che piuttosto che vivere cosí si può rassegnarsi a vivere qualche mese di meno».

Restò ancora per qualche istante con me e lo impiegò per informarsi della mia salute. Gli dissi ch’ero arrivato una volta a 240 millimetri di pressione ciò che gli piacque molto perché egli non aveva raggiunto che i 220. Con un piede sullo scalino che conduce al Tergesteo mi fece un saluto amichevole e mi disse: «Acqua in bocca, mi raccomando».

Quella bella figura retorica del Raulli del corpo del vecchio che resta in piedi perché non sa da che parte cadere, m’ossessionò per qualche giorno. Certo il vecchio dottore, quando parlava di “parte” voleva significare organo. E quell’equilibrio aveva anch’esso la sua significazione. Il Raulli doveva sapere quello che diceva. Da noi vecchi con la designazione di salute deve significarsi un indebolimento progressivo e contemporaneo di tutti gli organi. Guai se uno di essi resta in arretrato cioè troppo giovanile. Io mi figuro che allora la collaborazione può convertirsi in lotta e che gli organi deboli possono essere trattati a pugni, si può immaginare con quale magnifico risultato per l’economia generale. L’intervento del Misceli poteva perciò essere stato voluto dalla provvidenza che tutelava la mia vita e m’aveva persino mandato a dire col mezzo di quella bocca dalla mandibola vagante come io avessi da comportarmi.

E ritornai pensieroso al mio grammofono. Nella nona sinfonia ritrovai gli organi in collaborazione e in lotta. In collaborazione nei primi tempi, specie nello scherzo ove persino ai timpani è concesso di sintetizzare con due note quello che intorno ad essi tutti mormorano. La gioia dell’ultimo tempo