Pagina:Svevo - Corto viaggio sentimentale e altri racconti, 1949.djvu/388

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guardava. O guardava proprio me? Non guardava proprio ad un problema ch’ella s’era imposto e che abbisognava di una soluzione pronta, subito, là su quelle scale?

«Adesso è impossibile» disse dopo un’esitazione lunga. Mi guardò ancora. Poi ogni esitazione scomparve da lei. La sua figurina restò nella sua posizione tanto pericolosa, immota, e la sua faccina restò pallida e seria sotto a quel riccio biondo, ma senza fretta proprio come se avesse agito in seguito ad una risoluzione seria ritirò la sua manina.

«Sí! È impossibile» aggiunse. Si ripeteva per far credere che studiasse ancora se forse pur non ci fosse un mezzo per contentarmi, ma fuori di questa ripetizione non c’era in lei altro segno che veramente ancora studiasse e pensasse. Allora essa aveva già deciso, definitivamente.

E mi disse, poi: «Dovresti, se puoi, ritornare al primo del mese... vedrò... ci penserò».

È da poco, solo dacché ho steso questa storia dei miei amori con Felicita che mi sono fatto abbastanza oggettivo per giudicare me e lei con sufficiente giustizia. Io mi trovavo lí per asserire il mio diritto a quei pochi giorni che ancora mancavano al mio abbonamento. Essa, invece, mi comunicava che io con la mia rinunzia avevo perduto quel diritto. Io credo che se mi avesse proposto di pagare per iniziare subito un nuovo abbonamento, avrei sofferto meno. Sono sicuro, poi, che non sarei scappato. Io in quel momento ero avviato all’amore e proprio alla mia età si somiglia molto al coccodrillo in terra ferma di cui si dice che abbisogni di tanto tempo per mutare di direzione. Avrei pagato subito per il mese intero magari col proposito di farlo per l’ultima volta.

Invece cosí m’indignai. Non trovai parole; quasi non trovai l’aria per respirare. Dissi: «Uff» con la massima indignazione. Credetti di aver detto qualche cosa ed anzi restai per un istante fermo come se mi fossi atteso che a quel mio “uff”, un grido che doveva ferire lei e dar sfogo al mio profondo sconforto, essa avrebbe risposto qualche cosa. Ma né lei, né io dissimo altro. Io mi accinsi a scendere le scale. Fatti pochi scalini mi fermai e mi rivolsi a rivederla. Forse c’era ora su quella faccia