Pagina:Svevo - Corto viaggio sentimentale e altri racconti, 1949.djvu/413

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fiducia in me stesso quando ero soggiaciuto alla forza di qualcuno. Chissà! Riesaminata serenamente la mia posizione forse mi sarebbe apparsa meno brutta.

Fuori faceva un tempo sgradevole. Di tempo in tempo pioveva, lievemente pioveva. L’atmosfera fosca era pregna d’acqua. Che noia! Sbadigliai, passando con l’ombrello sempre chiuso per la grigia via. A quell’ora in ufficio doveva essere arrivata la posta. Esitai per un istante nel dubbio se non avessi dovuto andarci, per giungervi prima dell’Olivi e fare atto di padrone aprendo la posta. L’idea mi parve tanto originale che mi volsi per risalire la via. Ma poi mi ricredetti. Non avevo stabilito che poiché non mi si concedeva una paga io non avrei lavorato? E mi misi a correre nell’altra direzione per il timore che essendomi riavvicinato all’ufficio del notaio potevo imbattermi di nuovo nell’Olivi. E accelerando il passo pensai una cosa strana: “Dio mio! Ecco che già faccio qualche cosa”.

Come in quel momento amavo l’attività. Intanto l’attività che di solito m’incombeva in quell’ora. Com’era bello aprire la posta! Si levava dalla busta una carta e non si poteva prevedere quello che contenesse. L’aspettativa era una bella cosa seguita molto spesso dalla noia o dall’ira. È vero ch’io di solito, dopo dieci lettere, non ne potevo piú e lasciavo che l’Olivi facesse il resto. Ma ciò significava che avevo esaurito un piacere.

Sempre camminando verso il mare decisi di non dire subito ad Augusta ch’io non volevo rimettere il piede nel mio ufficio. Sarebbe equivalso a confessarle ch’io con quel contratto ero stato proprio gettato fuori del mio ufficio. I primi giorni avrei trovato qualche cosa da fare fuori di casa. Poi le avrei detto che non potevo piú sopportare la vista dell’Olivi e che perciò non avrei piú rimesso piede nel mio ufficio.

Intanto dovevo ripararmi dalla pioggia e m’avviai verso il Tergesteo. Ma poi m’imbattei in Cantari, un rappresentante di fabbriche germaniche di prodotti chimici. Mi dispiacque perché il Cantari talvolta vedeva Augusta e avrebbe potuto raccontarle che mi aveva visto fuori. Avrei voluto passare oltre dopo di averlo salutato ma egli mi fermò. Era stato in-