Pagina:Svevo - Corto viaggio sentimentale e altri racconti, 1949.djvu/64

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to di paure quando ancora la vita non gli aveva insegnato quanto minacciosa essa fosse. Aveva sognato di quegli animalucci piccoli, rapidi, inafferrabili e schifosi, roditori e insetti quando ancora non aveva sospettato che prima o poi l’avrebbero raggiunto, e di grandi oscurità prima di sapere che l’oscurità era la nostra meta. E nel suo letto egli aveva portato con sé un cavalluccio di legno e dormendo lo stringeva al petto. Finora egli aveva creduto d’aver fatto cosí per bontà, attribuendo una vita bisognosa di calore a quel suo cavalluccio di legno che alla vita apparteneva per la sua forma ruvidamente sbozzata. Ma la palla? Quel Paolucci, il suo vero fratello, teneva in letto una palla! Quella poi non aveva bisogno di calore, con quella sua forma rigidamente rotonda che non apparteneva alla vita. E quando l’aveva vicina si tranquillava e aveva meno paura! Ma era un simbolo quello; s’attaccava al suo divertimento per dimenticare la vita (divertimento = diversivo, pensò l’Aghios senza che il suo figliuolo sentisse). Come il piccolo Paolucci aveva potuto assurgere a tanta altezza! Ma ora, in tutta la sua vita, che l’Aghios, sinceramente gli augurava lunga, egli non poteva apprendere nulla di piú nuovo, nulla di piú alto, nulla di piú amaro. Perché viveva ancora? Il fratello suo! Quale avvenire lo aspettava! Anche lui, quando non aveva saputo simulare, aveva passato la sua vita fra sorrisi di scherno, correzioni imperiose o sprezzi. Per sua sfortuna e propria sventura il figliuolo suo non gli somigliava affatto, privo di paure, accorto e abile, sentendo il divertimento come il suo destino. Non sospettava che cosa fosse la vita e non se ne curava, come se egli alla vita non avesse appartenuto. La godeva dimenticandola. Studiava poco, ma sapeva maneggiarsi. Sapeva anche poco, ma aveva sempre pronti molti dati precisi che gli davano facilmente la vittoria. E aveva a disposizione molti libri in cui sapeva trovare tutto quanto gli occorreva per discutere.

E per lungo tempo il piccolo Paolucci fu il suo compagno di viaggio. Il Borlini ne disse ancora una parola: «Mentre suo fratello maggiore camminava sicuro, attaccato alla mano del padre, Paolucci si faceva sempre trascinare. Era come