Pagina:Svevo - La coscienza di Zeno, Milano 1930.djvu/245

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Molto accesa, Carla si levò in piedi mentre la vecchia lentamente si levò gli occhiali che ripose in una busta. Io intanto credetti di poter essere indignato per altra ragione che non fosse quella di vedermi interdetto di chiarire subito l’animo mio. Non erano queste le ore che il Copler aveva destinate allo studio? Salutai gentilmente la vecchia signora e mi fu difficile persino di sottopormi a tale atto di gentilezza. Salutai anche Carla quasi senza guardarla. Le dissi:

— Sono venuto per vedere se possiamo cavare da questo libro — e accennai al Garcia che si trovava intatto sul tavolo al posto ove l’avevamo lasciato, — qualche altra cosa di utile.

M’assisi al posto che avevo occupato il giorno prima e subito apersi il libro. Carla tentò dapprima di sorridermi, ma visto che io non corrisposi alla sua gentilezza, sedette con una certa sollecitudine di obbedienza accanto a me, per guardare. Era esitante; non comprendeva. Io la guardai e vidi che sulla sua faccia si distendeva qualche cosa che poteva significare sdegno e ostinazione. Mi figurai che così usasse di accogliere i rimproveri del Copler. Solo essa non era ancora sicura che i miei rimproveri fossero proprio quelli che il Copler le indirizzava perchè — come me lo disse poi — ricordava ch’io il giorno prima l’avevo baciata e perciò credeva di essere per sempre rassicurata sulla mia ira. Era perciò sempre ancora pronta a convertire quel suo sdegno in un sorriso amichevole. Debbo dire qui, perchè più tardi non ne avrò il tempo, che questa sua fiducia di avermi addomesticato definitivamente con quel solo bacio che m’aveva concesso, mi dispiacque enormemente: una donna che pensa così è molto pericolosa.