Pagina:Svevo - La coscienza di Zeno, Milano 1930.djvu/268

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— Vedi — dissi scherzando ad Augusta — che contribuisco anch’io alla loro felicità. Se mi domandassero di preparare per loro anche il letto nuziale, lo farei con lo stesso aspetto sereno!

Più tardi andammo a trovare gli sposi ritornati allora da una visita ufficiale. S’erano messi nel cantuccio più riposto del salotto e suppongo che fino al nostro arrivo si fossero baciucchiati. La sposina non aveva neppur smesso il suo abito da passeggio ed era tanto bellina, così arrossata dal caldo.

Io credo che gli sposi, per celare ogni traccia dei baci che si erano scambiati, volessero darci ad intendere che avessero discusso di scienza. Era una sciocchezza, forse anche sconveniente! Volevano allontanarci dalla loro intimità o credevano che i loro baci potessero dolere a qualcuno? Ciò però non guastò il mio buon umore. Guido m’aveva detto che Ada non voleva credergli che certe vespe sapevano paralizzare con una puntura altri insetti anche più forti di loro per conservarli così paralizzati, vivi e freschi, quale nutrimento per la loro discendenza. Io credevo di ricordare ch’esisteva qualche cosa di tanto mostruoso in natura, ma in quel momento non volli concedere una soddisfazione a Guido:

— Mi credi una vespa che ti dirigi a me? — gli dissi sorridendo.

Lasciammo gli sposi per permettere loro di occuparsi di cose più liete. Io però cominciavo a trovare alquanto lungo il pomeriggio e avrei voluto andare a casa ad aspettare nel mio studio l’ora del pranzo.

Nell’anticamera trovammo il dottor Paoli che usciva dalla stanza da letto di mio suocero. Era un medico giovine che aveva però già saputo conquistarsi una buona